TURRES INGAUNI
Albenga, città fortificata preromana del Ponente ligure, può fregiarsi di un glorioso trascorso, che porta coloro che vi si recano a fare letteralmente un tuffo nel passato.
Il nucleo antico della città di Albenga, riconoscibile dai caratteristici tetti rossi, occupa la parte estrema della piana formata dal fiume Centa. Conosciuta fin dall’antichità come Albium Ingaunum prima e Albingaunum poi, viene citata dalle fonti a partire dal I sec. a.c. e fu fondata dagli Ingauni, un’antica tribù ligure di navigatori e pirati, i quali occuparono una vasta zona della riviera di Ponente.
Importante minucipium in epoca romana, la città fu distrutta più volte per mano di barbari e saraceni. Nonostante tutto, riuscì a risorgere in epoca medioevale, rimanendo un importante centro fino ai giorni nostri. L’appellativo di Albenga, la città delle cento torri, trova le sue radici proprio in epoca medievale, quando questo fiorente comune fu contraddistinto da una grande prosperità economica, dovuta da un considerevole fenomeno di inurbamento delle famiglie feudali.
Questa rinascita architettonica, avvenuta fra il XII e il XIII sec., riconosce la propria immagine più significativa proprio nelle magnifiche torri, edificate a fianco di case nobiliari e simbolo della forza, della grandezza e della potenza della famiglia di appartenenza. Inoltre, in araldica la torre indica frequentemente nobiltà antica, in quanto solo alle famiglie potenti e illustri veniva concessa la loro edificazione. È quindi il simbolo di dominio feudale, forza e costanza.
Queste torri si presentano con la base composta da massicci blocchi di pietra, i “conci”, e con paramento laterizio; i salienti di altezza inconsueta e coronati per lo più da fastigi piombanti con serie scalari di archetti pensili, fanno sì che le torri, oggi, siano diventate il tratto peculiare del paesaggio urbano.
Varia fu la sorte di queste torri: alcune si sono conservate pressoché intatte e sono giunte sino a noi nel loro splendore, altre hanno subito modificazioni varie, mentre altre sono state distrutte.
La torre, struttura architettonica a sviluppo verticale, nel tempo ha assunto differenti significati.
Già il mondo mesopotamico aveva dato un forte valore simbolo e religioso agli Ziggurat, ma allo stesso tempo questa struttura era un perfetto punto di osservazione astronomica. Dalla sua cima astrologi e maghi osservavano i segni astrali e canalizzavano sulla terra le energie spirituali provenienti dalle stelle.
Inoltre, essa poteva anche simboleggiare la potenza e il prestigio.
Non ci dimentichiamo però che la torre è anche un simbolo con una sua precisa dualità: da una parte il mito di Babele, dall’altro l’aspirazione al divino, alla crescita interiore.
La torre di Babele è un simbolo potente, denso di significati e universalmente noto; infatti, da sempre è considerata una costruzione carica di valori magici e simbolici. Il suo nome significa “Porta di Dio” e in questo senso è considerata il simbolo di congiunzione tra la dimensione divina e celeste e quella umana e terrestre, una sorta di portale tra due mondi. Ma la torre di Babele può essere intesa anche come montagna sacra, simbolo del trono del creatore e signore dell’Universo.
Babele, che nella Bibbia non è altro che la mitica Babilonia, è al centro di un racconto narrato nell’undicesimo libro della Genesi: “Tutta la terra”, narrano le Scritture,” aveva una sola lingua e le stesse parole”. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Nella città, Babele, gli uomini tentarono di ergersi al livello di Dio, con un vero e proprio “assalto al Cielo”, la cui materializzazione fu l’edificazione della mitica Torre, che provocò la risposta diretta del creatore: “Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro“. Il Signore li disperse su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Dio divise i popoli, le lingue, le culture per punire la hybris, la tracotanza di una stirpe che aveva osato sfidare i suoi imperativi. Quindi, nella tradizione ebraico cristiana il significato è prettamente negativo, Dio punisce l’arroganza di chi lo sfida.
Un’interpretazione invece più positiva è quella che ritroviamo nei Tarocchi Marsigliesi e nella riscrittura di Oswald Wirth.
La Torre, Arcano Maggiore numero XVI, nei tarocchi marsigliesi riporta nella didascalia la scritta” Maison de Dieu” ed è rappresentata da una Torre in pietra, colpita da una folgore proveniente dal cielo, con il tetto scoperchiato e un uomo che precipita da essa.
Il riferimento è dunque preciso e inequivocabile: tuttavia, badate bene, la costruzione non appare “completamente” distrutta, ma solo parzialmente; dunque, “qualcosa da salvare” o di “salvabile” c’è ancora. Anche se l’uomo che l’ha architettata precipita dalla sua stessa costruzione, in fondo “l’ira divina per aver osato” sembra fare meno danni di quello che potrebbe, o dovrebbe, fare, forse, per sua stessa “misericordia”.
La carta simboleggia la superbia e la presunzione, che vengono punite con il castigo e l’ira di Dio. Secondo questa lettura rappresenterebbe la Torre di Babele, abbattuta dal fulmine divino. Nella lettura dei tarocchi questa carta preannuncia al consultante qualcosa di molto forte, in grado di scombussolare la sua esistenza all’ improvviso. Come tutti gli arcani maggiori, la carta muta il suo significato a seconda del verso, se dritto o capovolto.
La torre è però anche una risoluzione di un problema, uno sblocco improvviso di una situazione che fino a poco prima sembrava non modificabile e in questo senso la carta assume un significato positivo, in quanto viene intesa, appunto, come la risoluzione di un problema.
Inoltre, questo arcano, può portare buone notizie: la torre è il fondo del pozzo, il cambiamento radicale che deve essere accettato per lasciare che si presenti la risoluzione. Questa carta è anche intesa come libertà, soprattutto libertà interiore, e rappresenta una fortissima energia vitale improvvisa e prorompente.
Sotto il profilo divinatorio questa carta rappresenta lo spirito imprigionato nella materia. Simboleggia orgoglio, presunzione, materialismo grossolano, avidità di conquista, megalomania. A volte, la Torre rimanda alla necessità di misurarsi con la realtà e invita a ridimensionare, con buon senso, le pretese eccessive. Siamo in presenza di un conflitto doloroso, ma necessario e spesso, per uscire da una situazione critica divenuta insostenibile, non rimane altro che distruggere vecchi equilibri ormai stagnanti, accettare il cambiamento, in qualsiasi ambito esistenziale si riveli necessario. Questo arcano invita a misurarsi con la realtà e a ridimensionare, con buon senso, le pretese eccessive.
L’insegnamento esoterico di questo simbolo sta nel crollo della torre della falsa scienza; il crollo dei pregiudizi e dei preconcetti, e delle false credenze, che tengono l’uomo ancorato ad una condizione di caducità e di illusione. Ed è grazie all’illuminazione che l’uomo è in grado di distruggere questa torre.
Forza, fermezza e solidità, le caratteristiche della torre, ma la forza è anche uno dei pilastri della massoneria; è quell’elemento che permette di rendere i lavori solidi e proprio grazie alla forza è possibile sostenere ed affrontare le difficoltà della vita. E le torri sono fatte di pietra, un materiale che è in grado di resistere all’usura del tempo, un materiale forte e durevole, come lo spirito delle libere muratrici.
Contatti:
maat@granloggiafemminile.it